L'icona
L’icona non è semplicemente un oggetto d’arte.
Nasce dalla liturgia della Chiesa, la interpreta, la contempla e la commenta. Il suo ruolo è quindi ben diverso da quello di un dipinto a soggetto religioso in cui l’artista esprime la sua fede personale e la sua emotività.
L’icona è destinata alla contemplazione raccolta, profonda, alla preghiera silenziosa, aiutata in questo dalla sobrietà del linguaggio artistico e dall’intenso contenuto.
In iconografia le figure immobili e allungate, la natura e le architetture irreali e inesatte, l'assenza di prospettiva (o, più esattamente, la prospettiva 'rovesciata') possono apparire ingenui e privi di estetica: ma l'iconografo non deve affatto riprodurre la realtà delle cose né la relazione esistente tra loro secondo i principi del realismo figurativo, perché l’arte dell’icona visualizza l’invisibile, è scrittura da leggere e da interpretare, supera la visione esteriore grazie al simbolismo e alla stilizzazione.
I volti dei personaggi sono scritti fuori dal tempo, senza età o nazionalità, sono volti divinizzati immersi nel mistero, indefinibili, e tuttavia non sono volti astratti.
Se si togliessero loro le aureole, le Madonne dei grandi artisti rinascimentali potrebbero raffigurare qualsiasi personaggio femminile, mentre l’icona della Vergine, anche senza alcun connotato esterno a qualificarla, apparirebbe immediatamente come la rappresentazione della Madre di Dio.
La Chiesa ortodossa ha fissato dei canoni precisi per la pittura delle icone, l’iconografo non 'crea' e non segue la propria fantasia, ma si conforma ai modelli antichi, archetipi spirituali immutabili e non firma le sue opere, consapevole di essere solo un mezzo per la trasmissione della Tradizione della Chiesa.